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la STORIA del GIOCO del LOTTO RACCONTATA ATTRAVERSO le FOTOGRAFIE

lunedì 6 novembre 2017

un illecito nel gioco del lotto nel 1895

Augusto Rizmann aveva vent’anni, ma una passione per il gioco già spiccata. Tanto da non sapersi limitare al semplice tentar la fortuna, ma di voler proprio vincere! E d’altronde come biasimarlo, chi non vorrebbe fare un terno al lotto? Ma dato che la sorte non baciava la sua fronte, Augusto Rizmann decise una volta di andarsela a prendere con la forza. Prese la sua bolletta del lotto, cancellò con reagenti chimici i numeri che aveva inutilmente giocato, e trascrisse al loro posto altri numeri, quelli estratti. E così con quella schedina visibilmente alterata si presentò al collettore di zona per riscuotere la vincita. Centoventimila lire: tantissimi soldi nel 1895.
Fu subito scoperto Rizmann, denunciato e condannato per reato di falso. Si era difeso sostenendo che quella sua idea non avrebbe mai potuto comportare danno allo stato, visto che la matrice della giocata non corrispondeva a quella vincente. Ma non aveva convinto nessuno: accettare questa tesi per i giudici avrebbe significato ammettere a chiunque di poter alterare le schedine di gioco, “quasiché si trattasse di un lecito passatempo, o di un esercizio calligrafico od artistico“.

sentenza cassazione illecito gioco lotto
La Corte : — Con sentenza della Corte d’appello, sezione penale, di Genova del dì 8 maggio 1895, Rizmann Augusto venne dichiarato colpevole di falso in bolletta del regio lotto, per avere mediante uso di reagenti chimici cancellati  dalla bolletta rilasciatagli dall’ ufficio del collettore Marco Carlo in Ventimiglia i veri numeri giocati sostituendovi altri, che simulavano una vincita, e presentata quella bolletta a quell’ufficio per la riscossione della vincita in lire 120.000, il giorno 10 gennaio 1895; e venne, a’ termini degli art. 278 e 281 cod. pen., e col beneficio dell’età minore degli anni 21, e delle attenuanti, condannato alla pena della reclusione per anni due ed un mese. Avverso siffatta sentenza ha il condannato ritualmente proposto ricorso per cassazione, e sostiene: violati gli art. 275, 278 e 281 cod. pen. Per aversi il reato di falso bisogna che sia possibile il danno; avendo la sentenza della Corte riconosciuto che nessun danno da quella bolletta poteva derivare all’amministrazione del regio lotto, la quale, per le varie disposizioni del regio decreto 10 aprile 1881, non poteva pagare perchè la bolletta stessa non corrispondeva alla matrice nei numeri vincitori, non seguì poi il tribunale nel ragionamento circa la possibilità di un danno privato configurato nel caso, che profittando dell’altrui buona fede, il Rizmann avesse ceduta altrui quella polizza.
Si fè derivare la possibilità del nocumento pubblico o privato dal fatto che, se la tentata contraffazione della scrittura avesse raggiunto il suo scopo, e fatto credere alla verità della polizza, il col lettore sarebbe stato tenuto al risarcimento de’ danni verso il portatore della polizza; e così l’amministrazione sarebbe stata colpita nella persona di un pubblico uffiziale che ne è parte. parie. Attraverso questo oscuro ragionamento si intravvede che la Corte abbia scorta la possibilità di un duplice danno, quello privato del collettore, e di riflesso quello dipendente dall’offesa fatta alla fede pubblica.  Questa, che è l’unica considerazione fatta dalla Corte di Genova, è erronea per duplice aspetto. Lo è in primo luogo di fronte al collettore, perchè anche nella ipotesi impossbile fattasi dalla sentenza, dovendosi l’alterazione necessariamente scoprire col semplice ed inevitabile confronto col la matrice ai sensi di legge, il collettore non poteva incontrare alcuna responsabilità, perchè per l’art. 13 del decreto 10 aprile 1881, il giocatore deve assicurarsi che il suo giuoco venga scritto tanto sulla matrice, quanto sul biglietto.  E perciò se anche vi fosse incorsa colpa del col lettore nel segnare i numeri diversi da quelli indi catigli, essendo parimenti in colpa il giuocatore per non aver controllato il giuoco nel momento della scritturazione non avrebbe potuto mai pretendere pagamento. È erronea finalmente questa considerazione perchè la pretesa offesa alla fede pubblica non è, per lo art. 275 cod. pen., sufficiente a stabilire il danno. Cosi si è pronunziata la giurisprudenza e la dottrina e così sentenziò la Cassazione di Napoli addi 20 dicembre 1886, nella causa di De Sanctis, disponendo, che per aversi il reato di falso in atto pubblico non basti la sola onta al la fede pubblica, ma sia ancor necessario che l’alterazione del vero debba essere tale da rendere possibile la creazione di un diritto, ovvero la prova del diritto stesso, che si vuol creare.
La Corte ha considerato di non poter menomamente accettare la teoria sostenuta dal ricorrente, che le falsificazioni nelle bollette del pubblico, non essendo soscettive di danno nè pubblico né privato, non costituiscono reato’; giacché conseguenza pratica di siffatto principio sarebbe che fosse recito a chiunque di adoperarsi in siffatte adulterazioni, quasiché si trattasse di un lecito passatempo, o di un esercizio calligrafico od artistico. Abbenchè l’amministrazione del pubblico lotto abbia cercato di garantirsi ne’ suoi interessi colle disposizioni comprese ne’ regolamenti che la riguardano, ed in ispecie colle norme sancite nel decreto 10 aprile 1881, ed abbia applicato delle regole per impedire le frodi che potrebbero colpire i ricevitori delle giuocate, non è men vero che la creazione di un documento, o di un titolo falso abbia la possibilità di nuocere, e pregiudicare gli interessi della pubblica amministrazione, e del suo personale. Basterebbero le sole possibili contestazioni amministrative e giudiziarie per perturbare gl’interessi, ed il tranquillo funzionamento dell’amministrazione, col conseguente danno del credito, per costituire una possibilità di danno, che la legge ha il dovere di impedire. Nè sono stati infrequenti i casi ne’ quali con tutte le norme e disposizioni applicate l’amministrazione del lotto dello Stato abbia avuto a subire ingenti danni e perdi te di danaro.
Colla teorica sostenuta nel ricorso non si saprebbe più determinare i casi di falsità di pubblici  documenti che fossero incriminabili. Tutti i pubblici titoli e documenti hanno i loro riscontri,  e le loro madri, dalle quali partono, e col confronto delle quali sarebbe facile scorgere la falsità.  Se in tali casi dovesse applicarsi la teorica della non possibilità del danno, ne risulterebbero  rovesciate tutte le disposizioni del cod. pen. Nè la osservazione risultante dalla prima  sentenza sulla possibilità del danno anche privato, che potrebbe verificarsi nel caso nel quale  il possessore della bolletta falsa potesse cederla ad altri, che in buona fede vi credesse,  è davvero a ritenersi una bestemmia giuridica, come si fa a sostenere il Rizmann nelle sue difese.  Perchè in tale fatto il danno sarebbe inerente alla scrittura falsificata,  e promanerebbe direttamente od immediatamente dalla falsità  Non vale l’asserire che in tale caso, concorrendo fatti estranei ed accidentali,  quale il concorso di raggiri fraudolenti, essi potrebbero dar vita al reato di truffa.  Imperocché è risaputo che quando la truffa sia stata commessa col mezzo di scritture  e documenti falsi, si risponde alla giustizia non di semplice truffa, ma di falsità.  Disposizione che testualmente risultava dalla disposizione dello art. 636 dell’abolito cod. pen. del 1859,  e che, se non riscontrasi ripor tata del testo dello art. 413 cod. pen., non si è dal legislatore  riportata, come risulta dalla relazione del guardasigilli a Sua Maestà il Re, giacche  lo si è trovato inutile, non essendovi motivo di derogare rispetto alla truffa alle norme generali  del concorso, e ciò tanto più dopo la nuova disposizione del lo art. 77 del cod. pen. Per tali motivi, rigetta ecc.
ANTICA CESTA ESTRAZIONALE

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sabato 4 novembre 2017

ARCHIVIO STORICO GIOCO del LOTTO CITTA' di TORINO

L GIOCO DEL LOTTO  La nascita del lotto in Italia ha radici antiche: alcuni fanno risalire l'origine del gioco al XV secolo, quando a Milano una sorta di tombola, ideata da Francesco Taverna, assegnava ai fortunati vincitori sette o otto "borse di ventura" contenenti un numero decrescente di ducati, estratte a sorte fra tutti i partecipanti. Ma la comparsa del gioco del lotto simile a quello che tutt'oggi è praticato nelle ricevitorie, risale presumibilmente alla fine del XVI secolo.  L'ordinamento della Repubblica di Genova prevedeva l'elezione di cinque componenti del Serenissimo Collegio tramite estrazione a sorte dei nominativi da una rosa di 120 candidati, posti in un'urna detta "seminario". È evidente che tale sistema elettorale non poteva lasciare indifferenti gli amanti del gioco d'azzardo, i quali ben presto iniziarono a scommettere sui candidati eleggibili, prima clandestinamente e poi in modo lecito in seguito alla regolarizzazione del lotto, puntando su uno o più nominativi che, se pronosticati simultaneamente, originavano non solo semplici "estratti" ma anche "ambi" e "terni". La riduzione dei candidati da 120 a 90 e la sostituzione dei nominativi con i numeri, completarono a grandi linee il processo di evoluzione che portò gradualmente alla formula del lotto attuale.
La crescente smania da gioco d'azzardo offriva ai cittadini più fantasiosi e intraprendenti molteplici occasioni per ideare e gestire nuovi "lotti"; in questo quadro il memoriale a capi del 12 settembre 1674 introdusse anche nel Ducato di Savoia il cosiddetto "Lotto delle zitelle", presente in molte altre località italiane, i cui proventi sarebbero andati a "beneficio di venti povere figlie ogni anno". I nominativi estratti a sorte erano ricavati da una lista composta da cento ragazze nubili; le cinque fortunate estratte si aggiudicavano cento lire a testa.Fu Vittorio Amedeo II a legalizzare "il lotto detto volgarmente giuoco di Genova" nello stato sabaudo con un memoriale a capi del 15 aprile 1696, provvedimento recepito con Lettere Patenti del successivo 28 aprile. Nel periodo dell'annessione alla Francia (1798-1814) a Torino furono introdotte le stesse regole adottate per la "Lotteria Imperiale di Francia". Gli estratti semplici "accordavano" una vincita pari a quindici volte la posta giocata, gli ambi 270, i terni 5.550, le quaterne 75.000. Il pronostico delle "sorti determinate" prevedeva anche l'individuazione dell'esatto ordine di uscita dei numeri giocati e forniva, ovviamente, vincite maggiori.
Lista dei magistrati ed elenco dei nomi estratti nel gioco del Seminario svoltosi a Genova nell'anno 1743. (Collezione V, voll. 1009 e 1011)
Lista dei magistrati ed elenco dei nomi estratti nel gioco del Seminario svoltosi a Genova nell'anno 1743. (Collezione V, voll. 1009 e 1011)
Lista dei magistrati ed elenco dei nomi estratti nel gioco del Seminario svoltosi a Genova nell'anno 1743. (Collezione V, voll. 1009 e 1011)
Avviso al pubblico contenente le regole della Lotteria Imperiale di Francia, Torino, 30 settembre 1797, e biglietto con giocate di terno e quaterna sulla ruota di Torino, 1800. (Archivio dell'Ospedale di Carità, cat. XVI parte II, busta 19, fasc. 1, doc. 4 e Nuove acquisizioni, 1480)
Avviso al pubblico contenente le regole della Lotteria Imperiale di Francia, Torino, 30 settembre 1797, e biglietto con giocate di terno e quaterna sulla ruota di Torino, 1800. (Archivio dell'Ospedale di Carità, cat. XVI parte II, busta 19, fasc. 1, doc. 4 e Nuove acquisizioni, 1480)
Avviso al pubblico contenente le regole della Lotteria Imperiale di Francia, Torino, 30 settembre 1797, e biglietto con giocate di terno e quaterna sulla ruota di Torino, 1800. (Archivio dell'Ospedale di Carità, cat. XVI parte II, busta 19, fasc. 1, doc. 4 e Nuove acquisizioni, 1480)
La specula dei pronostici antichi e moderni, almanacco, Torino, Luigi Baratta, 1826. (Collezione Simeom, F 518)
La specula dei pronostici antichi e moderni, almanacco, Torino, Luigi Baratta, 1826. (Collezione Simeom, F 518)
Etoile du bonheur. La stella della fortuna in Nuovo almanacco della stella ossia la chiave d'oro, Torino, Appiano, 1814. (Collezione Simeom, F 525)
Etoile du bonheur. La stella della fortuna in Nuovo almanacco della stella ossia la chiave d'oro, Torino, Appiano, 1814. (Collezione Simeom, F 525)
Nota alfabetica dei nomi coi loro numeri e tavola illustrata della cabala in La vera ed antica borsa d'oro, almanacco, Torino, Luigi Baratta, 1824. (Collezione Simeom, F 625)
Nota alfabetica dei nomi coi loro numeri e tavola illustrata della cabala in La vera ed antica borsa d'oro, almanacco, Torino, Luigi Baratta, 1824. (Collezione Simeom, F 625)
Il passatempo ossia l'almanacco dei faceti, Torino, Francesco Binelli e Figli, 1818. (Collezione Simeom, F 594)
Il passatempo ossia l'almanacco dei faceti, Torino, Francesco Binelli e Figli, 1818. (Collezione Simeom, F 594)


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lunedì 16 ottobre 2017

Vicende e bizzarrie del gioco del lotto a Piacenza

PIAZZA CAVALLI PIACENZA
Vicende e bizzarrie del gioco del lotto a Piacenza A Piacenza si giocava al lotto, nell’ambito  della legge, già prima del 1731, durante  il dominio dei Farnese. Vi sono “grida”  e memorie che trattano del gioco del “Seminario”  a Piacenza concesso in impresa  a favore di certo Antonio Giacoboni  da S. Sebastiano di Tortona ed altre  che lo assegnano in appalto a tale Alessandro Betti.
Dieci e Lotto, Lotto più, Lotto on line: l’informatica è entrata di prepotenza  nel gioco più popolare per gli italiani, anzi, come sovente accade  nei periodi di crisi, il numero delle giocate è aumentato ed è stato affiancato  da decine di “gratta e vinci” per cullare i sogni di ricchezza dei più indigenti. Ma si sa: la fortuna è cieca e per qualche raro soggetto che ne viene toccato,  milioni di altri rimangono a “bocca asciutta” o si devono accontentare  di vincite irrisorie e alla fine, come sempre, vince lo Stato,  che questa ricca torta se la gestisce direttamente  o con cospicue percentuali di prelievo per le scommesse  (oggi si punta praticamente su tutto!) date in concessione.  Non a caso, la notizia è recentissima, passa dal 6% al 12%  per le vincite eccedenti i 500 Euro. Per questo, in considerazione del fatto che ci dilettiamo a riscoprire  usi e costumi dei nostri antenati, quelli di una Piacenza povera,  di necessariamente austeri costumi, ma  autenticamente popolare, torniamo indietro nel tempo, quando ai botteghini del lotto, la titolare  (e le commesse), trascrivevano per ore ed ore, le giocate degli scommettitori.“
La massima affluenza si concentrava al giovedì e venerdì (in vista dell’estrazione del sabato), addirittura con lunghe file fuori dalle ricevitorie, soprattutto quando “saliva la febbre” per qualche numero ritardatario. Poi le estrazioni del Lotto sono diventate tre (21 giugno 2005), dato che fino a quel momento avvenivano due volte alla settimana, ogni mercoledì e sabato. Le estrazioni bisettimanali a loro volta erano state introdotte nel 1997. Seguiva la spasmodica attesa delle estrazioni che, quando ancora non c’era la radio, venivano pubblicati sui appositi bollettini, consultabili in molti locali pubblici e, ovviamente, all’interno delle stesse ricevitorie.  Il gioco d’azzardo che per primo fu adottato a sistema di fonte di introiti per lo Stato, fu il lotto, chiamato allora “Seminario” ed ebbe origine nel 1550, con il patrizio genovese Benedetto Gentile che si ispirò all’estrazione dei cinque noni tra i 134 senatori e maggiorenti di coloro che dovevano reggere, avvicendandosi ogni sei mesi, il Governo della repubblica di Genova. In seguito il “Seminario” gestito da un’impresa camerale per conto del Governo, si perfezionò, riducendo la lista dei nomi da 134 a 90 ed in meno di dieci anni il Lotto di Genova, modificato nella forma, si estese anche a Milano, Venezia e Napoli, basando le giocate su 90 nomi di oggetti, fiumi e mari.  Il “Seminario”, sia che fosse gestito direttamente dallo Stato o concesso in appalto, fu regolato da opportune norme raccolte in “grida” che assicuravano le garanzie degli scommettitori clandestini ed ai loro complici, i giocatori ovviamente.
Il successo del lotto fu tale che alle ricevitorie dei “Seminari” si presentavano a puntare anche i forestieri con grave danno per le finanze degli Stati a cui appartenevano quegli scommettitori i quali portavano fuori dai confini molta moneta sonante, non cartacea.  Nel 1660 lo Stato Pontificio, trovandosi in un periodo economicamente poco florido, non riuscendo ad esigere le imposte ai propri sudditi, indirizzò anatemi contro il lotto, considerandolo invenzione del diavolo e stabilendo che fosse peccato gravissimo praticarlo. I Papi minacciarono di scomunica gli scommettitori ed i ricevitori delle scommesse. Ma quei severi ammonimenti non valsero però a sradicare l’abitudine, giacché le cose proibite divennero più adescanti e dilettevoli anche per i più osservanti della religiosità di maniera. Pertanto nello stesso Stato Pontificio si continuò a giocare malgrado le scomuniche e le pene comminate, tanto che Innocenzo XIII°, nel 1722, pensò di convogliare proficuamente l’ormai radicata consuetudine con buon profitto per le finanze dello Stato ed autorizzò l’apertura di un Banco di Roma, dietro congruo rispettivo al fisco che devolse successivamente il guadagno in opere caritatevoli. Più tardi, per esempio, Pio VI°, assegnò i proventi del lotto ai lavori di bonifica delle Paludi Pontine. Ciò indusse i “Seminari” degli altri Stati a correre ai ripari escogitando puntate sugli ambi e sui terni ed aumentando il monte delle vincite per riguadagnare in loro favore gli scommettitori sottrattigli dallo Stato Pontificio. In seguito, com’è noto, il lotto divenne in tutta Italia istituzione statale. A Piacenza si giocava al lotto, nell’ambito della legge, già prima del 1731, durante il dominio dei Farnese. Vi sono “grida” e memorie che trattano del gioco del “Seminario” a Piacenza concesso in impresa a favore di certo Antonio Giacoboni da S. Sebastiano di Tortona ed altre che lo assegnano in appalto a tale Alessandro Betti. Sembra più probabile il fatto che non esistessero in Piacenza vere e proprie ricevitorie ma solo “collettori per giochi” praticati nei “Seminari” di Roma, Genova e Milano.
La prima estrazione certa relativa alle giocate effettuate a Piacenza, i cui atti sono conservati nel nostro archivio comunale, reca la data 1755 (indizione 3°) die 14 del mese di agosto. Regio amministratore generale dell’Impresa del “Seminario” del lotto era il funzionario Ugo Politi.Ricevevano le giocate non sui numeri, ma sui nomi di 90 “putte” (zitelle da marito). Per stabilire le vincite venivano estratti 5 nomi: quelli delle zitelle prescelte, venivano premiati con la dote di 100 lire in moneta corrente. L’estrazione avveniva di massima ogni due mesi nelle forme e con le garanzie prevista dalle “grida”, eseguendo “l’imbussolamento” dei biglietti “in faccia a tutto il popolo”, sulla piazza, davanti il palco. L’urna contenente i 90 nomi delle “putte” veniva prima benedetta da un prete con lume, cotta, stola ed acquasanta, poi rivoltata sottosopra più volte, quindi un putto minore di sette anni, benedetto a sua volta, fattosi il segno della croce a garanzia di totale onestà, estraeva con una sola mano, ad una ad una, le cinque palle contenenti i nomi delle fortunate “zitelle”.  E’ difficile stabilire l’assommare dei premi di allora perché non esistono precisi e documentati riferimenti. E’ però accertato che i profitti per il duca non erano redditizi come ci si attendeva e perciò dopo una serie di estrazioni, non se ne effettuarono altre. Piuttosto se ne utilizzavano altre diverse dai “Seminari”, avanti piuttosto forma di lotteria, ma erano preclusi al popolo “minuto” ed avevano carattere riservato, costituendo esclusivo “dilettevole trattenimento per la nobiltà e loro familiari”. Il lotto si rigiocò a Piacenza durante la repubblica francese, ripristinando il precedente lotto delle “zitelle”. Lo si evince bene nella stampa della “tombola pubblica” da un’incisione francese dei primi dell’800.
antico bancolotto
Con il Lotto si è vinto poco. “Zazzo”  s'indebitò festeggiando:  per scherzo il biglietto fu contraffatto Prosegue il nostro viaggio sul gioco del lotto a  Piacenza. Si rigiocò in città durante la  repubblica francese, ripristinando  il precedente "Lotto delle zitelle"  e durante il primo impero.  Venne poi fatto cessare nel 1848...
Il lotto si rigiocò a Piacenza durante la repubblica francese,  ripristinando il precedente Lotto delle zitelle (atto del  1° Nevoso,anno XII° della Repubblica) e durante il primo impero.  Sotto il regno di Maria Luigia, dopo breve periodo in cui si effettuò  il lotto con estrazione  dei numeri, si ritornò  al vecchio “Seminario delle zitelle”  (ovvero con i nomi) e questa  circostanza fa ritenere  che tale forma di giocata  fosse più popolare  e gradita ai piacentini. Il lotto a Piacenza venne  fatto cessare nell’aprile  del 1848 dal Governo  provvisorio che lo abolì  con decreto del 19 aprile dichiarandolo “istituzione immorale  e non degno di un popolo  libero e civile”. Ma “provvisorio” il Governo, fu tale anche il Decreto,  per cui i piacentini ricominciarono a giocare con maggiore foga  durante quello successivo, sia in città che nei centri delle provincia  dove vennero istallati molti banchi.  Il regno d’Italia adottò il gioco nel 1863 denominandolo  “lotto pubblico” e regolamentandolo  in una forma che, salvo lievi modificazioni,  vige tutt’ora, articolato sul sistema dell’estrazione settimanale  di cinque numeri compresi  tra l’uno ed il 90, da giocarsi sui nomi di dieci città,  in combinazioni di primi estratti,  ambi, ambate, terni, quaterne e cinquine.
„Com’è ben noto nella babele casistico- aritmetica,  vincere cifre notevoli è molto improbabile,  ma l’illusione è sorella della speranza e l’una sostiene  l’altra nel gioco della vita. Si sa per certo  che in talune città, per puntare sui numeri ritardatari,  qualcuno portava anche la biancheria  al banco dei pegni! Nella nostra provincia  esistevano, oltre 50 anni fa, nove banchi lotto,  cinque in città ed uno  nei seguenti paesi:  Castelsangiovanni, Bobbio, Fiorenzuola e Borgonovo.  L’incasso medio di quelli in città, variava secondo  le stagioni (d’inverno si giocava di più,  forse perché le notti più lunghe sono prolifiche  di sogni ispiratori) e secondo le vincite  verificatesi nelle settimane precedenti.  Nel 1958 a Fiorenzuola venne giocata una  quaterna che vinse ben 32 milioni di lire,  somma che prima d’allora non era mai stata  conseguita nella nostra provincia e città. “
la smorfia
„Al lotto è intimamente collegata la cabala,  con la quale, interpretando sogni e fatti,  si ricavano i numeri da giocare,  Celebri cabalisti furono  Rutilio Benincasa che compose  l’almanacco perpetuo per vincere al lotto;  Pico della Mirandola,  dei numeri ciclici;  l’astronomo Holstein creatore della cabala  numerica astro fera;  il padre gesuita Leonardo della Croce  che svelò il sistema scientifico  delle nove tavole misteriose e  segrete dei padri della Società  di Gesù e certo Torracca detto  “il monco di S. Ferdinando”  il quale, negli anni ’30, indovinò  cinque volte consecutive quattro  terni ed una cinquina. Fortuna?  Profeta della cabala? Chi lo sa!   Comunque c’è sempre stato e sempre  ci sarà, chi crede e giura sull’efficacia  dei sogni e dei sistemi riportati dalle  pubblicazioni “specializzate”  nella scienza della buona fortuna  le quali parlano di cadenze e numeri  vertibili, sincroni, simpatici, ritardatari,  periodici ecc. Questi patiti del Lotto scientifico  disdegnavano le tombole, le lotterie  ed i vari totalizzatori. Ma molti ancora  oggi ascoltano sedicenti maghi  consigliare numeri fortunati!“
zazzo
Eppure a Piacenza si ricordava che un nostro concittadino  vinse parecchi milioni (d’anteguerra) alla famosa Lotteria di Tripoli  e che altri ne furono vinti da un ufficiale dell’esercito di stanza  nella nostra città. Il lotto a Piacenza ha avuto comunque una storia  poco felice di vincite, a parte una burla che fece epoca  negli anni ’30 e che ebbe protagonista, suo malgrado,  una giocosa  “macchietta” detto “’l Zazzo”. Era un operaio  tipografo (lo vediamo raffigurato dalla “magica matita” di Roberto Badini);  mediante un’accurata manipolazione di un biglietto giocato  in compagnia di un altro socio appassionato come lui,  gli fecero credere che avesse azzeccato un terno secco  di importo per quei tempi assai cospicuo. Quasi impazzito  dalla gioia, si fece prestare da un compagno di lavoro  una congrua somma di danaro, noleggiò una carrozza  ed insieme ad amici abituali o occasionali scrocconi, se ne  andò a spasso tutta la giornata passando da un’osteria  all’altra, bevendo, mangiando e cantando in grande allegria. Il costo della baldoria non fu certo esiguo per un proletario  come lui dalla striminzita busta paga, ma la presunta  vincita consentiva e giustificava i festeggiamenti.  Ma quando si presentò al botteghino  del lotto per riscuotere la vincita, esibendo il biglietto,  con sua incredibile sorpresa gli fu fatto notare che i numeri non  corrispondevano affatto al bollettario della ricevitoria,  l’unico che fa fede agli effetti del regolamento.Così prostrato, a prezzo di molti sacrifici, dovette rifondere  a rate la somma prestatagli, ma “Zazzo”, per quanto tipo  strambo ed imprevedibile, pagò fino all’ultimo centesimo  il debito contratto, assaporando fino in fondo “il piacere dell’onestà”.  Nel 1800 la polemica contro il gioco del lotto fu assai vivace.  Il poeta satirico Giuseppe Giusti fu uno dei più accaniti censori  dell’Azzardo di Stato”, bollando a fuoco i governi sfruttatori  della miseria del popolo; il giornale socialista “L’Avanti”  pubblicava l’estrazione sotto il titolo “La Bisca dello Stato”. Molti proverbi sono stati forgiati pro o contro il Lotto.  Ne citiamo alcuni a sostegno delle diverse posizioni:  “Chi dal gioco aspetta soccorso, mette il pelo come un orso”  oppure “Chi gioca al Lotto, in rovina va di botto”  ed il più conosciuto “Chi non risica, non rosica”,  ovvero per vincere bisogna tentare.  Polemiche a parte il Lotto ha attraversato tranquillo  i secoli ed ancora oggi le scommesse aumentano sempre più.  Il detto piacentino “la speranza di nud ca faga un buon inveran”  (intendendo la stagione delle vincite) è più che mai attuale…


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domenica 15 ottobre 2017

​Casamia, l'astronomo che profetizzava i numeri del Lotto

​Casamia, l'astronomo che profetizzava i numeri del Lotto
Casamia, l'astronomo che profetizzava i numeri del Lotto Utilizzò le sue conoscenze astronomiche, della fisica e della cabala – intesa come interpretazione magica dei numeri e delle lettere – per spiegare sogni e avvenimenti e profetizzare i numeri da giocare al Lotto, attività che impazzava in pieno Settecento a Venezia come altrove in Europa. Scrisse diversi libri parlando dei suoi metodi di previsione e introdusse una nuova versione della “Tavola Settenaria” di Rutilio Benincasa sul calcolo delle probabilità di uscita dei numeri. Per Pietro Casamia i numeri erano una passione.
Eppure, a tanta fama goduta in vita non corrisponde oggi una uguale conoscenza della sua storia, al punto che non si sa quando e dove sia nato e morto. Solo che era veneziano, come non mancò di rimarcare nei volumi che scrisse, e che visse gli anni della maturità nella seconda metà del Settecento. Che è un secolo particolare: vi nacque l'idea dell'uomo nuovo, si abbatterono le antiche monarchie, l'illuminismo – letterario, scientifico, sociale – ebbe delle ripercussioni enormi sulle vite delle persone; ma nello stesso tempo procedettero di pari passo il simbolismo estremo della massoneria, la ricerca nell'ambito dell'occulto, l'attività di divinazione.
Pietro Casamia fu una sintesi perfetta di tutto questo; nelle sue opere affermò di non voler “incantare” chi legge, quanto spiegare, far capire e dare un senso compiuto agli studi effettuati da chi l'aveva preceduto: su tutti il già citato Rutilio Benincasa, che nel 1552 aveva elaborato un curioso metodo di previsione basato sull'astrologia e la ciclicità dei moti celesti. Casamia prese dunque questo metodo – la Tavola Settenaria, composta da novanta quadratini contenenti ognuno cinque numeri – e lo asservì alla previsione dell'uscita dei numeri del Lotto, nel quale introdusse il concetto di cabala; non tanto l'autentica cabala ebraica, quanto un procedimento numerico che consentisse di raggiungere l'obbiettivo che si prefiggeva (anche oggi!) qualsiasi giocatore al Lotto: vincere.
Casamia, l'astronomo che profetizzava i numeri del Lotto
“Il primo vero principale scopo si è dare a Voi, Signori – scrive introducendo uno dei suoi lavori – il metodo di potervi ricavare sempremai da Voi stessi, e senza ricorso di altri, i veri simpatici numeri, e regolatori in ogni, e qualunque operazione Voi desideriate di servirvene (come scorgeremo e vedremo in progresso); e questo in tre ordini componenti acciò abbiano ad essere di valore, forza, e virtù, non chè proporzionati nelle loro equidistanti differenze, e proporzioni Regolatrici, cioè in Giornali, Mensili, e Annuali...”.  Le enunciazioni di Pietro Casamia sulla Tavola Settenaria di Rutilio Benincasa (volendo aggiungere un po' di confusione nell'assonanza tra i nomi, potremmo dire anche che a esportare il gioco del Lotto in Francia fu... Giacomo Casanova) sono le fondamenta di qualsiasi principio di studio delle probabilità sull'uscita dei numeri che si attui ancora oggi. Con l'aggiunta del fascino dell'astronomia: nel 1775 a Faenza il veneziano pubblicò “Il Tesoro nascosto, ossia il contemplatore delle quarantotto immagini del ciel stellato”, che parla dell'arte numerica e delle scienze in generale.
Nel 1794 uscì a Roma la lunga “cabala per l'estrazione del 27 novembre”, scritta in rima: “Se non ten vuoi pentire / Signore del mio dire / com'ebbi a donar; / Quest'è figura d'8 tu contemplala / e poi fa che ti pare / mentre i' sieguo a parlare / a te col mio cantar”, e così via. È possibile che non sia mai riuscito lui stesso a beneficiare di tanta capacità divinatoria: Pietro Casamia morirà in un giorno, un anno e un luogo sconosciuti,  probabilmente non molto più ricco di quando era nato.
PIETRO CASAMIA/ Chi era l’astronomo del '700 che studiava i numeri per vincere al Lotto Pietro Casamia: la storia dell'astronomo vissuto a Genova nel '700 che mescolando cabala e calcolo delle probabilità tentava di profetizzare i numeri che sarebbero usciti al Lotto
Si chiama Pietro Casamia e qualche simpaticone potrebbe anche chiamarlo l'astronomo ludopatico. Lui, però, per il gioco aveva sviluppato una passione che era il frutto delle sue grandi conoscenze. Non amava l'azzardo questo fisico e studioso del '700 di cui si sa ben poco - se non che visse a Venezia -, più che altro adorava scommettere sulle sue abilità di profetizzare i numeri vincenti del Lotto, facendo affidamento sul calcolo delle probabilità e sul quel misto di esoterico e mistico che in quel secolo si andava diffondendo in contrapposizione al pensiero illuminista. A riprendere la sua storia è Il Gazzettino, sottolineando ironicamente come in un gioco di assonanze particolari, fu un certo Giacomo Casanova a diffondere in Francia il Lotto tanto amato da Casamia. Sì, perché se qualcuno si sta domandando se davvero già nel Settecento potesse esistere il Lotto, la risposta è affermativa: basti pensare che nel 1576 vi è testimonianza diretta del cosiddetto "gioco del seminario", quando il patrizio genovese Benedetto Gentile associò i nomi dei 120 candidati alla carica di Membri del serenissimo Collegio della Repubblica. Insomma, il desiderio di arricchirsi: di far fortuna con la lotteria, non è un vizio diffuso soltanto nella modernità.
IL SISTEMA DI CASAMIA Ma qual era lo schema seguito da Pietro Casamia per tentare di far saltare il banco? A quali conoscenze si affidava? In particolare l'astronomo nutriva una passione per la "Tavola Settenaria" di Rutilio Benincasa, basata sul calcolo delle probabilità di uscita dei numeri, di cui introdusse una nuova versione. Un sistema di previsione, quello pensato nel 1552 dal suo ispiratore, basato guarda caso oltre che sui numeri anche sull'astrologia e la ciclicità dei moti celesti, pane quotidiano di Pietro Casamia. L'astronomo presentava così i suoi studi:"Il primo vero principale scopo si è dare a Voi, Signori, il metodo di potervi ricavare sempremai da Voi stessi, e senza ricorso di altri, i veri simpatici numeri, e regolatori in ogni, e qualunque operazione Voi desideriate di servirvene (come scorgeremo e vedremo in progresso); e questo in tre ordini componenti acciò abbiano ad essere di valore, forza, e virtù, non chè proporzionati nelle loro equidistanti differenze, e proporzioni Regolatrici, cioè in Giornali, Mensili, e Annuali...". Traduciamo: lo scopo è vincere alla lotteria. Volete sapere se alla fine vi è riuscito? Le informazioni in nostro possesso non sono tante: ma non v'è notizia di un astronomo del '700 arricchitosi col Lotto.

Pubblicato da Unknown alle 13:45 1 commento:
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