domenica 19 agosto 2018

Il gioco della lotteria nella Toscana dei Medici - Carlo di Borbone fece diventare il lotto Il gioco delle zitelle.

Cosimo I° Dei Medici
Fin dai tempi più remoti l’uomo ha avuto l’abitudine di scommettere su qualsiasi tipo di avvenimento accostando l’oggetto della sua scommessa ad un numero e determinando in questo modo la nascita delle lotterie. La lotteria più conosciuta in Italia è il Lotto, che è nato a Genova per poi diffondersi nelle città più popolose della penisola. Per frenare la tendenza frenetica alla scommessa, considerata come una seria minaccia finanziaria per le famiglie, le lotterie hanno subito nei secoli diverse restrizioni fino ad essere addirittura proibite per motivi legati spesso alla religione. Anche Firenze è stata protagonista del diffondersi della lotteria che fu avviata da Cosimo I De Medici come strumento per impinguare le casse statali. Cosimo I fu un sovrano attivo sotto diversi aspetti, a lui si deve l’unificazione della Toscana in un unico stato con l’assoggettamento di Siena e Firenze. Fu proprio per coprire le spese di tale campagna di unificazione che il sovrano nel 1556 costituì una società del gioco insieme a dei facoltosi mercanti.  Il gioco ideato dall’illustre mediceo si rivolse ad una popolazione che fu dapprima diffidente ma poi sempre più entusiasta di i farsi ispirare dagli eventi quotidiani per scegliere i biglietti fortunati ai quali erano abbinati i ricchi montepremi messi in palio dal progenitore delle odierne lotterie. Nel 1732 la lotteria venne proibita e considerata immorale perché la gente, al fine di avere il denaro che serviva giocare, arrivava a macchiarsi di gravi reati. Sette anni dopo, nel 1739, il Ducato di Toscana istituì ufficialmente il gioco del Lotto affidandolo ad un privato e affiancando alla ruota di Firenze anche quelle di Pisa e di Livorno che vennero abolite nel corso degli anni. La ruota di Firenze è famosa per essere ancora oggi il punto di riferimento dei giocatori toscani, che di recente hanno esteso gli orizzonti della fortuna anche alla lotteria europea Eurojackpot.
Il premio da vincere piazzando giocate all’estero  era un altro aspetto del gioco di particolare tendenza  nella Toscana dei Medici che concedeva  al gestore privato del Lotto, Ottavio Cataldi,  la possibilità di accettare delle puntate su lotti esteri  naturalmente molto tempo prima che avvenissero le estrazioni.
IL LOTTO AI TEMPI DEI BORBONE
Il lotto Il gioco delle zitelle.  Furono i Borbone a riformare  il gioco del lotto, facendolo confluire  sotto il controllo dello  Stato e riorganizzandolo. Carlo di Borbone fece diventare  il lotto Il gioco delle zitelle A Napoli il lotto era comparso per la prima volta nel 1682 e fino al 1735  era stato gestito da società private. Carlo di Borbone, appena un anno dopo la sua venuta a Napoli, lo fece  diventare gioco a gestione diretta del governo, ne aumentò progressivamente  le es trazioni e, soprattutto, dispose che ad ognuno dei novanta numeri  messi nell’urna fossero associati i nomi di novanta “donzelle” povere del Regno
Il lotto Il gioco delle zitelle Le cinque “donzelle” abbinate  ai numeri estratti ricevevano 25  ducati ciascuna, una somma allora  più che sufficiente a formare la dote  necessaria per maritarsi. Per questo  motivo il lotto era chiamato chiamato  beneficiata o anche  “gioco delle zitelle” o “delle donzelle”. Un’altra consuetudine dai  connotati etici, introdotta  dai Borbone, fu quella di non  permettere le puntate su quaterna e  quintina, in modo da determinare  una maggiore e più equa distribuzione  di vincite: non vi erano nel lotto  “grandi vincitori” ma piuttosto  una pletora di medie, piccole  o piccolissime vincite  spalmate sull’intera città. La gente poteva puntare  sull’Estratto (un solo numero),  sull’Estratto determinato  (un numero di cui si indichi  la posizione, nella sequenza dell’estrazione),  sull’Ambo e sul Terno. Inoltre, le stesse  estrazioni non erano così frequenti come lo sono oggi.
IL LOTTO DELLE ZITELLE SECONDO LA STUDIOSA ENZA DE VITA Il “LOTTO DELLA ZITELLA” era nato per volontà de i gestori delle scommesse, ed era teso a migliorare  la sorte di ragazze povere e nubili, attraverso la  donazione dei proventi della lotteria sotto forma di dote  per il matrimonio, dote, che trasformava  la donna in un buon partito. Poiché senza la dote, c’erano davvero poche possibilità  che essa riuscisse a sposarsi, sia lo Stato, che la Chiesa,  si impegnarono a favorire la costituzione dotale. Il numero delle fanciulle bisognose di dote era elevato,  ed imponeva la necessità di ricorrere all’estrazione a sorte. Già prima del 1682, anno in cui venne istituito  il Lotto a Napoli, erano in vigore i “MARITAGGI”. Quando nel 1737 il lotto passò al demanio, il Re Carlo III,  permise ad alcuni Conservatori e Ritiri, paragonabili agli  attuali orfanotrofi, di indicare i nomi delle orfane ospitate  presso gli stessi, i quali venivano scelti direttamente dal Direttore del Ritiro
La passione dei campani del gioco  ha radici antichissime che risalgono  al regno dei Borboni in cui il gioco  del lotto esordì nel 1682,  durante il regno di Carlo di Borbone La lotteria di Napoli ai tempi dei Borboni è ricordata  soprattutto perché è legata ad un evento lieto,  cioè alla nascita del primo figlio  di Ferdinando I di Borbone e della regina Maria Carolina.  I napoletani accolsero con gioia la nascita del futuro  erede al trono Francesco e pensarono di giocare  alla lotteria dei numeri abbinandoli ad alcuni  dettagli riguardanti la nascita. I giocatori del tempo,  consultando il libro dei sogni (la smorfia),  puntarono su tre numeri giocando il numero 1 che  significava figlio maschio, il 16 la regina e infine il 70  che significava palazzo reale. La fortuna decise  di baciare i napoletani devoti al re regalando  loro un terno dal valore di ben 170 mila ducati,  di cui 100 mila furono a carico della Regia Azienda
Gioco d’azzardo: come fu risolto il problema dai Borbone
È risaputo che quello tra Napoli  e il gioco del Lotto  è un legame viscerale. La tombola  napoletana, la Smorfia,  con i molteplici significati che si    attribuiscono ai novanta numeri,  rappresentano uno dei baluardi  identitari più importanti della  cultura partenopea. La nascita del gioco della tombola la  si fa risalire al 1734, anno nel quale  Carlo di Borbone si era appena     insediato sul trono di Napoli.  Il Lotto, già all’epoca, era molto  diffuso nella città e in tutto  il Regno ma era fuori legge.  L’iniziatore della dinastia dei  Borbone delle Due Sicilie  decise di legalizzarlo, anche per  incassare, seppur in percentuale,  parte del denaro che  la gente spendeva per tale attività.
Tale provvedimento non incontrò i favori  di alcuni esponenti della Chiesa in  quanto questi credevano che, con la  legalizzazione del Lotto, la popolazione  avrebbe avuto una grossa distrazione che  l’avrebbe sviata dai suoi compiti religiosi. Bisogna dire, però, che nonostante la  legalizzazione del gioco del Lotto, continuava  ad essere presente una serie di giochi  che non erano regolamentati da nessuna  legge e quindi d’azzardo. Furono molti i  provvedimenti atti a ridurre la piaga. Tutti i giochi  d’azzardo e le private lotterie  vennero dichiarate fuori legge. Le pene andavano dalla reclusione ad una  multa che oscillava dai 100 ai 500 ducati e  vennero ulteriormente inasprite col  Reale Decreto del 11 ottobre 1826.  Dovevano considerarsi colpevoli tutti coloro  i quali concedevano un locale nel quale  si sarebbe poi svolta l’attività o l’avrebbero  in qualunque modo favorita. I denari,  gli utensili e tutti gli oggetti che venivano  messi al gioco sarebbero stati  confiscati dalle autorità competenti. Fu in questo modo che i Borbone  regolamentarono in maniera netta  la questione, legalizzando il Lotto e  mettendo fuori legge tutte le altre forme  di lotterie private e di gioco d’azzardo.  La loro lungimiranza fu garanzia di vantaggio  e beneficio, ancora una volta, per il regno e i loro sudditi.

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