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mercoledì 21 dicembre 2016

il BANCO del LOTTO nel PRESEPE



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domenica 20 novembre 2016

La dea bendata è volubile e capricciosa - I sogni al banco lotto finiscono presto

I sogni al banco lotto finiscono presto    Molti giocatori credono nella protezione dell’aglio o del ferro di cavallo. Migliaia di storie vengono tradotte in numeri. Un signore anziano ebbe in sogno tre numeri dalla sorella, ma erano una bufala. Un muratore vinse 2 milioni, ma la moglie, per errore, aveva buttato via il biglietto.
Bruno Dileonardo sulla soglia del suo bancolotto
Bruno Dileonardo sulla soglia del suo bancolotto

Franco Presicci Non avevo mai messo piede in un botteghino del lotto. Le notizie che avevo sull’argomento venivano da Luciano De Crescenzo e da Matilde Serao. Avevo anche letto “Le signorine del banco lotto”, nel volume “Vieni, c’è una strada nel Borgo”, di Nicola Caputo; e “Tùtte le ròte” di Giacinto Peluso; dal quale avevo appreso, fra l’altro, che questa sfida alla fortuna all’inizio del secolo scorso a Taranto si chiamava “’a bonaficiàde”, le cui estrazioni venivano stampate su un bollettino nella tipografia Lodeserto a Palazzo Galeota e diffuse da ragazzi dai 10 ai 15 anni. Il giorno in cui l’età mi mandava in pensione confessai la mia ignoranza al direttore del giornale, dopo aver ascoltato la proposta di un contratto di collaborazione, che contemplava anche una serie di articoli sul lotto. Lui si disse convinto che me la sarei comunque cavata, visto che non mi stava chiedendo di trasformarmi in esperto in un settore ignoto a entrambi. E pensai che mi sarebbe piaciuto descrivere ambienti, personaggi, superstizioni, curiosità.... Mi misi subito all’opera, divorando libri, oltre a una tesi di laurea, ma soprattutto, da vecchio cronista che aveva mangiato panini e polvere per anni, cominciai a peregrinare da una ricevitoria all’altra, in periferia e in centro, ascoltando storie, osservando espressioni, atteggiamenti di persone che all’addetto comunicavano le combinazioni con voce bassissima, perché, se i vicini le captavano, la dea bendata poteva prendersela a male; e altre che, per lo stesso motivo, le passavano scritti su un foglietto. Ricordo anche i giorni febbrili, nel ’95, della latitanza del “4” sulla ruota di Genova e le code, che s’ingrossavano ogni settimana e le somme che attraversavano gli sportelli. Seppi che in quel periodo una contessa bruciò una decina di milioni e un barbone due.

Titolo de "Il Giorno"
Titolo de "Il Giorno"
quando le bollette si scrivevano a mano
Ho conosciuto tanti patiti del lotto: chi lo considerava addirittura una fede e chi invece una droga. Chi giocava da una vita senza vincere mai; chi continuava ad affidarsi alle giocate ereditate dal padre; chi le ricavava dalle targhe delle auto o dalla rubrica telefonica; chi si ispirava alle date delle nascite e dei matrimoni, alle liti, all’aereo precipitato, al palazzo polverizzato…C’era chi consultava sistematicamente la Smorfia, libro sacro in questo pianeta, e chi sosteneva di averla tutta in testa. E’ a quella che chiedeva aiuto l’impiegata quarantenne che sognava di giacere con l’idraulico o il macellaio, sottoponendo poi l’interpretazione al titolare del botteghino, che confermava o correggeva. Nell’estate ’96, in ferie a Martina Franca, per allargare il mio orizzonte, già ampio per le telefonate che facevo in altre città, volli farmi un giro per i paesi vicini. In uno di questi la titolare di un banco lotto, esile, imbiancata ma ancora dotata di un certo fascino, da sessant’anni nel campo, mi raccontò di un muratore che consegnando il biglietto alla moglie le aveva detto di buttar via il vecchio e quella per errore fece il contrario mandando in fumo 2 milioni.
Ma mi avrebbe tenuto nascosta per pudore una chicca, se non l’avesse stimolata una sua ex collaboratrice. Così mi venne delineata una donna fresca, alta, bella, bionda, forestiera, che avendo sognato un amplesso con un amico la pregò di darle un’imbeccata, vincendo 60 milioni. Ebbe l’imprudenza di riferire a chi aveva condiviso con lei l’alcova onirica, e quello accampò il diritto di avere la metà della vincita, perché a suo dire anche lui aveva fatto la sua parte. “Ma rimase a bocca asciutta”. Sembrava la trama di una commedia di Eduardo.
portafortuna
insegna
In un bar fuori della Puglia qualche cliente puntava su “visite” notturne di “aùre” e “munacijdde” a sorelle, figlie e nipoti. Obiettai che questi folletti erano un prodotto della fantasia popolare e l’interlocutore mostrò di non gradire: “Proprio a mia zia è capitato, e non tanto tempo fa, di trovare nella stalla, con la criniera e la coda intrecciate, la giumenta acquistata due giorni prima”. Mi venne in mente l’omino con gli occhiali alla Cavour che nell’hinterland milanese affermava di avere contatti con “Ciappin”, lo spiritello lombardo che “mi appare quando sono fra le braccia di Morfeo”. A Milano, nei pressi della stazione Centrale, mi venne presentato un tipo “superprotetto” da oggetti apotropaici. Basso, esile, occhi d’antracite, testa pelata, elegante, a capo di una piccolissima azienda, mi accompagnò nel suo ufficio, pieno di collane e grappoli di aglio appesi; corni di ogni dimensione; ferri di cavallo tutti con sette buchi, “quanti devono essere per assicurare il massimo della garanzia”; ciocche di peperoncino piccante, che a suo dire, somigliando nella forma e nel colore all’amuleto, facevano lo stesso effetto. “Io sono sempre corazzato. Uno spicchio d’aglio me lo porto in tasca quando vado a tentare la sorte”. “Vince?”. “Qualche volta”. Somme corrispondenti al prezzo di una cena in una modesta trattoria, ma lui sperava nel colpo grosso.Un signore di 85 anni, legato più al gioco che al cibo, da tempo supplicava la sorella deceduta di dargli un segnale. Lo ricevette e giocò per sei mesi un terno sulla ruota di Bari senza mai prendere una lira. Diceva, disperato, che forse aveva capito male o la parente si era sbagliata. Andò diversamente a una casalinga che dormendo aveva visto il marito morire con i funghi: vinse 9 milioni; ma il coniuge se ne andò davvero dopo tre mesi. Un napoletano giurava di essere stato un “positivo” fino a quando non commise l’errore di mettersi in coppia con uno negativo. “Prima o poi l’errore mi verrà perdonato”. La superstizione è cocciuta. In alcune ricevitorie ogni mattina dovevano raccogliere il sale cosparso negli angoli da chi considerava il condimento un antidoto contro il malocchio. Un tale dallo sguardo obliquo si fermava sulla soglia ed esaminava i presenti: se qualcuno gli sembrava sospetto, correva dal tabaccaio di fianco, si riforniva e neutralizzava il mattone diventato “scalognato”.
Bruno Dileonardo
Bruno Dileonardo
Bruno Dileonardo, del banco lotto di via Borsieri, chiuso da qualche anno, è stato il mio primo maestro nella materia. E lui, come altri suoi colleghi, mi informava che la stragrande maggioranza degli scommettitori è fortunatamente immune da queste credenze. E si tiene lontana dagli “assistiti”, sentii dire in un altro luogo: “Chi sono costoro?”. Figure che suggeriscono i numeri in cambio di un caffè. “Escono?” Domanda ingenua. I numeri sono viscidi come l’anguilla.Quanti episodi ho scoperto in questi pellegrinaggi! E quante scene ho visto!. Come quella della vecchietta arzilla e autoritaria, che, esprimendosi in dialetto, azzardava 100 mila lire con il “trapano” (da tradurre rapido) arrivato in ritardo, e il “timone”, inteso come tumore. Ne ha sentite a josa Santo Pantaleone, protettore del banco lotto (nato a Genova nel 1576), che Balzac definì l’oppio della miseria e donna Matilde il grande sogno di felicità che il popolo di Napoli fa ogni settimana. Non solo quello di Napoli, aggiungo.

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lunedì 14 novembre 2016

I Santi nel gioco del lotto

Le vie del cielo per il lotto. Siamo nel 1901
Brescia – Azzeccare i numeri al lotto. Antica ambizione quella di indovinare le estrazioni del popolare gioco tradizionalmente improntato sull’aleatorietà di circostanziate scommesse, puntate in quell’inappellabile vincolo di precisa obiettività dove risultano compromesse.  Certa la cifra giocata, incerta l’estrazione auspicata. La dinamica ludica affrontata è rivolta a quella remota possibilità di riuscita che appare proporzionata all’implicita casistica sfidata.  Connaturata a questa precarietà che espone, ad un rischio effettivo, la riuscita desiderata, sembra sia stata pure la soluzione ricercata nel tentativo del raccomandarsi a qualcuno.  Secondo la versione attuale di una sopravvissuta forma devozionale, pare che anche i giocatori del lotto abbiano i loro santi in paradiso.  Qualcuno che li aiuti a vincere. Un’agiografica figura che li favorisca, intervenendo con quella premura funzionale a fare in modo che l’invocato obiettivo sia loro assicurato in un’esatta misura.Trattasi, fra le altre, delle fortunate combinazioni di ambo o di terno, concretizzate fra le cifre rispettivamente estratte per la auspicata combinazione di vincite che tale credenza pone in essere siano favorite dall’apporto di alcuni santi.  Otto ruote, a seconda delle giocate, attraverso le quali, ad inizio Novecento, si distribuivano le dispute numeriche del lotto, allora suddivise in una ben più esigua schiera, rispetto alle maggiori disponibilità di oggi, dal momento che, nel frattempo, sono cresciute le voci d’inserimento delle estrazioni previste, con l’aggiunta anche di altre ruote, denominate secondo una pur sempre persistente cernita stabilita fra le città italiane e mediante l’ultima cadenza della cinquina, apparsa, a fine della serie, con il nome, invece, di “nazionale”.
Girolamo Ragusa-Moleti
Era questa l’epoca nella quale, attraverso la possibilità di una sola estrazione alla settimana, le vincite si potevano tentare sulle ruote di Milano, Bari, Firenze, Napoli, Roma, Torino, Venezia e Palermo, nell’uso, a vario livello, praticato nella radicata realtà di questo gioco d’azzardo che era attestato anche dalla prima pagina de “La Provincia di Brescia” del 30 agosto 1901, nel merito della “superstizione del giuoco del lotto in Sicilia” e secondo il modo in cui la stessa tematica pare fosse specificatamente rilevata, in seno ad uno studio svolto dal prosatore, poeta e folclorista palermitano Girolamo Ragusa-Moleti (1851–1917).
Nel bresciano, dove anche attraverso i quotidiani locali, passava l’informazione ufficiale relativa ai numeri estratti a sorte, un contributo d’approfondimento, circa quegli aspetti del gioco del lotto che si insinuavano fra le vie devozionali rivolte al cielo, riferiva a proposito di alcuni testuali aspetti culturali siciliani.
San Pantaleone
Quegli aspetti che, attorno alla nota e variabile ghianda di rame, rispettivamente contrassegnata da un numero, non ripetibile, ed estratta, per mano di un bambino bendato, da un contenitore fatto ruotare, davano luce ad alcuni particolari che, rispetto ad altri, facevano scrivere all’autore accennato che “quel che forse ignorate è la fiducia che, nel nostro popolo, gode san Pantaleone nelle cose riguardanti il lotto. Perchè la fantasia popolare sia andata così lontano, nientemeno che in Nicomedia a cercare un santo che sovrintenda alla cabala, non saprei davvero. Quel che so è questo che la novena a quel santo deve essere fatta ogni sera alla medesima ora da una fanciulla, la quale, dopo aver recitato il rosario, deve recitare questa giaculatoria: San Pantaliuni santu, / A stu munnu patistivu tantu;/ A Napuli, nascistivu,/ A Roma moristuvu;/ Pri la vostra santità; Pri la vostra puvirtà,/ Datimi tri nummari pì carità”.  Questa grazia, impetrata attraverso l’orazione quotidiana, per la durata del periodo in cui andava rinnovata, era pure sollecitata attraverso la mirata accortezza dell’approntare il materiale di che scrivere su un tavolo, in occasione dell’ultimo giorno della novena stessa, perchè il santo invocato, una volta guadagnato l’accesso all’ambiente preparato e per tale occasione lasciato pure spalancato, abbia avuto di che poter beneficare chi l’aveva tanto pregato.
A margine di una di queste, nella quale sembrava che l’ambo formato da 24 e 59 si fosse come divertito ad uscire sia sulla ruota di Firenze che di Bari, il quotidiano “La Provincia di Brescia” aveva proceduto alla messa in pagina degli esiti dell’estrazione del 23 novembre 1901 in due parti distinte: nell’edizione del 24 novembre, riferendo circa le ruote di Milano, Venezia, Bari, Torino, Napoli e Firenze, ed in quella dell’indomani, per le restanti due ruote di Roma e di Palermo.  In quest’ultima città, capoluogo della Sicilia nella quale una peculiare venerazione vernacolare dei santi era stata considerata, attraverso quella breve trattazione che nella stampa bresciana, circa il gioco del lotto, si era trovata divulgata, per ingraziarsi i santi Marco e Giovanni Battista pare fossero conosciute anche le relative preghiere che il quotidiano menzionato aveva rispettivamente specificato: “San Marco, siti tu patri,/ Siti virgini comu la matri;/ Di la terra nasci lu gigghiu/ Datimi lumi, aiutu e cunsigghiu./ San Marcu ‘un m’abbannunati/ ‘Nta li mè nicissitati”; “San Giovanni dicullatu;/ Siti lu medicu, lu judici, e l’avvucatu;/ Pri la vostra dicullazioni,/ Livatimi, sta gran confusioni”.Altri potenziali alleati, per cercare di espugnare alla sorte una danarosa vincita al banco del lotto, sembra che fossero pure intesi, in tal senso, san Marco e san Giovanni Battista: quest’ultimo individuato nel testo con la meno nota accezione di “San Giovanni decollato”, fino ad arrivare a considerare, nella folcloristica pertinenza di una esaminata e popolare credenza, desunta da questo mediterraneo contesto insulare, anche una non meglio identificata “Santa Lavria la quale, a quel che dicesi, ha un fratello chiamato “fra Gilormu” che molto sa e molto può in fatto di cabala. I devoti non cercano di propiziarsela che per avere le grazie del fratello”.  Sui giornali di quel tempo, nell’essenzialità asciutta di una telegrafica pubblicazione, omogenea anche allora per il taglio tipografico di una semplice elencazione, il filo conduttore del gioco del lotto pareva solitamente ridursi a tabelle di facile e di immediata consultazione dalle quali far discendere la compatibilità, vincente o meno, con i numeri, giocati in una corrispondente estrazione.
SUPERSTIZIONI OTTOCENTESCHE PER VINCERE AL LOTTO
SUPERSTIZIONI OTTOCENTESCHE PER VINCERE AL LOTTO Nella Roma dell’Ottocento i popolani sapevano che difficilmente  avrebbero potuto dare una svolta alla loro esistenza spesso grama,  a meno di non fare una bella vincita al lotto. Una speranza che si  poteva tramutare in ossessione, con tanto di rituali e preghiere  per conoscere i numeri fortunati. Ad esempio, secondo quanto  riferisce Giggi Zanazzo, per vincere un terno occorreva salire  in ginocchio, naturalmente di notte, la scalinata dell’Aracoeli,  recitando deprofundis e Avemarie e raccomandandosi ai tre Re Magi. Da tutto quello che si vedeva o si sentiva,  si ricavavano i numeri da giocare. Si poteva fare anche un preciso itinerario. Si andava  dalle Carceri Nuove, in via Giulia, per il vicolo del Malpasso,  fino a piazza dei Cerchi, dove si eseguivano le condanne a morte.  "Facenno, insomma la medema strada de quelli che annaveno a  mmorte ar tempo der papa". Ci si portava quindi a San Giovanni  Decollato, la chiesetta dove si seppellivano i giustiziati e ci  si metteva in ginocchio allo scalino sotto alle due finestrelle  con inferriata che fiancheggiano la porta della chiesa.  Notizie che Zanazzo prende anche dal Belli, che continua  così: "La bocca storta / nun fà si senti quarche risponsorio:  / sò l’anime der santo purgatorio. / A San Grigorio /  promette allora de fà dí ’na messa / pell’anima d’un frate  e ’na bbadessa. /  ‘Na callalessa / è der restante: abbasta  de stà attento / a gni rimore che te porta er vento. /   O ffora, o ddrento, / quello che pòi sentí tiello da parte, /  eppoi va’ a cerca in der libbro dell’arte. / Viva er Dio Marte:  / crepi l’invidia e er diavolo d’inferno,  / e buggiaratte si nun vinchi er terno!
Bisognava avere una buona dose di coraggio durante  questa visita notturna a San Giovanni Decollato, perché,  dice Zanazzo, "se racconteno tante pavure che  sse so’ avute pe’ vvia de ll’anime ggiustizziate che sso’  apparse in persona... senza la testa o cco’ la testa  in mano, a quelli che annaveno a ffa’ ‘sta novena! Mamma mia!" Per avere tre numeri sicuri si credeva che bastasse andare  al Verano a prendere un po’ di terra vicino a una croce.  La terra andava posta in una cassetta dove si piantavano  90 chicchi di grano,  numerati con uno stecchino da 1 a 90.  "Ggiocate li primi tre nnummeri indove ce spunteno  le prime tre ppiantine e poi sapéteme a ddì’ ssi nun vincete",  avverte Zanazzo. Quest’ultimo parla anche delle novene  a Sant’Alessio o a San Pantaleone, cui bisognava lasciare  carta e penna per segnare i numeri e che si presentava  come "un santone, un pezzo d’accidentone arto e ggrosso,  che dda pe’ strada arriva a un siconno piano". San Pantaleone,  però, non lasciava i numeri che scriveva a portata di mano,  ma li nascondeva nei posti più strani.Per aver fortuna  al lotto bisognava portare in tasca il trifoglio, o due denti  legati con un filo di seta cruda bagnata di bava di lumaca.  In alternativa si poteva indossare la camiciola portata da un giustiziato.

Pubblicato da Unknown alle 23:37 Nessun commento:
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lunedì 24 ottobre 2016

BARZELLETTE & VIGNETTE

BARZELLETTE & VIGNETTE
BARZELLETTE & VIGNETTEBARZELLETTE & VIGNETTE
Risultati immagini per barzellette gioco lotto
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Lotto per vincere. La smorfia del Terzo Millennio: Numero 3:  il medico. Interpretazione  dei sogni: La donna che  sogna un dottore strafigo,  che per medicarle un dito la  fa spogliare nuda, e' una  che crede nella medicina  alternativa. L'uomo che  sogna di ritrovarsi, camice bianco  e stetoscopio al collo, a fare  all'amore con tutte le sue  pazienti gode di una buona  salute mentale, se non  sogna di essere un veterinario!  Lotto per vincere. La smorfia del Terzo Millennio: Numero 28: le tette.  Per un uomo sognare un bel  paio di tette e' sempre di buon  auspicio. Per un ragazzo  sognare di scalare per la  prima volta un seno  gigantesco significa  che sta per entrare  nell'adolescenza,  che precede  di qualche anno l a sua eta' adultera.   Lotto per vincere. La smorfia del Terzo Millennio. Numero 33:  gli anni di Gesu'. Sognate  di dormire il sonno  dei giusti e di provare  tutta la dolcezza  della pace dei sensi  e della pace interiore.  Ma, proprio in quel  momento, passa di  li' Gesu' che con  voce imperiosa vi  ordina: "Lazzarone,  alzati e cammina! Sono  le sette in punto!".  E voi vi trovate di colpo  svegli e increduli. Un miracolo  della tecnologia: una radio  sveglia giapponese!
Prima di andare a pesca proviamo a giocare qualche numero al lotto

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