mercoledì 24 gennaio 2018

GESTORI E PERSONAGGI DEL BANCOLOTTO

Aprì il primo Banco Lotto a Termoli, addio a Pio Iadanza
TERMOLI. Termoli saluta un altro personaggio a suo modo storico.: 86 anni Pio Ladanza. Assieme alla sua famiglia, originaria di Pietrelcina,  come era facile intuire dal nome di battesimo (ora proseguono i suoi figli)  è stato il titolare del primo e unico vecchio Banco Lotto in città, dove  i termolesi si affidavano ai sogni e alla fortuna, anche letteralmente,  per sperare in una vita in quegli anni difficili, inseguendo  ambi, terni, quaterne e cinquine. Con la consorte Maria Pia scrivevano  tutti i giorni, dalla mattina alla sera, le bollette a seconda  di come volevano giocare i termolesi e - si badi bene - una volta  si giocava solo un giorno alla settimana, il sabato, però la gente  in attesa delle estrazioni che avvenivano il sabato dopo il mezzogiorno,  visibili in tv dopo il tg delle 13.30, giocavano durante tutta la settimana.
La vecchia sede di via XX settembre
Ricordiamo il signor Pio dietro il banco di legno del piccolo locale  in via XX settembre 53, con la sua penna a sfera Bic inchiostro  nero, ascoltava le richieste e scriveva in numeri con una  splendida grafia, in modo ordinato sulle ricevute. Una volta  esaudite le richieste, con quel righello di metallo usato  Totocalcio e Totip, tagliava le schedine, per farle consegnare  dalla figlia al cliente e la matrice restava al banco.  Erano talmente bravi, lui e la signora, a scrivere con  celerità che difficilmente, specie al sabato giorno  dell'estrazione, si facevano code di persone ad aspettare  il proprio turno. Persone sempre a modo.  Passando oggi davanti alla sede moderna di via IV novembre  e vedendo le saracinesche abbassate, una cosa inusuale,  abbiamo subito intuito che fosse accaduto qualcosa.  Pio era davvero una brava persona, ha visto l'espansione  della città, toccato con mano le speranze, le gioie e anche  le disillusioni di tanti termolesi, quando il gioco  del lotto era uno dei pochissimi giochi e forse l’unico  svago per i cittadini che si stavano risollevando dal periodo post bellico.
IL GIOCO DEL LOTTO NEL BERGAMASCO
a foto ritrae alcuni commercianti lanieri di Gandino saliti a vendere le loro lane a Goteborg, in Svezia, che nel 1862 era uno dei luoghi più affermati del mercato laniero europeo.Tra di essi un discendente di Rocco Rottigni, gestore del LOTTO e antenato della signora Dionisia Rottigni e Lucia Rottigni Tamanza. Una vecchia foto, il GIOCO del LOTTO, la Valgandino e un sacerdote, morto in odore di santità, benefattore di Ugo Foscolo. Storie antiche, diverse ed anche contraddittorie, con protagonisti i membri di una stessa famiglia. Il LOTTO dunque ha avuto risonanze storiche anche in Bergamasca, appunto in Val Gandino, in quanto concessionari del gioco, furono ricchi mercanti di pannilana che tanto seppero conquistare credito e fama in Austria, Ungheria e Germania, ma che persero molto denaro nella gestione del LOTTO.Insomma anche allora la passione per la cabala si rivelò un’infida impresa. La fotografia scattata nel 1862 è legata allla vicenda che stiamo per raccontare in quanto nel gruppo di lanieri gandinesi, in bella posa davanti all’obiettivo del fotografo di Göteborg, dove erano saliti per commerciare le loro lane, c’è anche un bisavolo della signora Lucia Rottigni Tamanza che ci ha inviato la preziosa immagine e una ricca documentazione.Il GIOCO del LOTTO, d’antica istituzione (pare che abbia avuto origine a Genova nel XVI secolo quando si scommetteva sull’annuale sorteggio dei cinque senatori della Repubblica tra 90 candidati), sta conoscendo di questi tempi una nuova giovinezza per via di quel Superenalotto che mette in palio cifre da capogiro e che su questa nuova «follia collettiva» degli italiani ha scomodato esperti in statistica, sociologia, costume, morale.Una mania che però rivela anche un altro risvolto dove protagonista diventa, oltre alla cabala, anche la magistratura che ogni giorno, è cronaca fresca, tira fuori nuovi episodi del colossale imbroglio allestito attorno alle ESTRAZIONI del LOTTO. Davvero niente di nuovo sotto il sole: nei primi decenni del secolo scorso anche i bergamaschi furono protagonisti di un’ingegnosa truffa ai danni del governo austriaco quando i NUMERI della RUOTA di BERGAMO venivano segnalati al «CENTRO LOTTO» di Milano prima della chiusura delle giocate, dando luogo a consistenti vincite.
Ma la storia che riguarda il LOTTO e la Val Gandino è ancora più antica risalendo infatti ai tempi dell’impero di Maria Luisa d’Austria che con un editto promulgato il primo febbraio del 1757, concedeva ai fratelli Rottigni, il più anziano era Rocco, peraltro già concessionari di imprese e negozi dello Stato di Milano, un privilegio-pagato salatissimo anche a quei tempi- che comprendeva l’appalto del sale e del cosiddetto «GIOCO del LOTTO di GENOVA».Ma l’impresa non finì bene. Del resto Maria Teresa d’Austria nel suo editto aveva ben messo in guardia gli industriosi gandinesi: «Concediamo alli detti fermieri generali di Milano un privilegio privativo per il restante tempo pattuito cioè fino all’ultimo di marzo 1762 , dentro del qual tempo potranno continuare il cosidetto GIOCO del LOTTO di GENOVA a loro rischio, pericolo e così a loro guadagno e perdita…».  Restò solo il rischio perché l’ipotizzato guadagno con la GESTIONE del LOTTO di Genova non ci fu affatto e finì non troppo bene per Rocco Rottigni che si trovò alla fine, con la batosta finanziaria subita, impegolato in un processo per fallimento.Insomma, se una lezione si può trarre dall’esperienza infausta del Rottigni, che per altro ebbe meriti notevoli per l’ardire di certe sue imprese e per certe innovazioni apportate nei mercati di quei tempi, è che ancor oggi bisogna saper resistere alle lusinghe di un gioco spesso infido.

“U figlio ‘ddu pustière”
“U figlio ‘ddu pustière”  di Peppe D’Urzo  Il lotto è un gioco di sorte che risale, probabilmente, a prima dell’unità d’Italia (Regno d’Italia, 17 marzo 1861); in Italia è gestito dallo stato in regime di monopolio e che consiste nell’estrazione di cinque tra i primi novanta numeri, con vincite in denaro; ci sono stati anche periodi in cui il governo elargiva, per i fortunati vincitori, anche beni immobili ed in natura.  A Torre del Greco i primi “bancolotti” (uffici dove si ricevevano le giocate) sono sorti, se la memoria non ci inganna, al corso Umberto I, in via D. Colamarino, p.zza L. Palomba e, man mano, in altri punti della città.  Attualmente chi continua, ma per pura passione, a svolgere l’attività di gestore, ereditandola per tradizione familiare, è Stanislao Raiola, nato a Torre del Greco il 09.02.1926, da Martorelli Concetta e da Giuseppe, detto “Raimir” (1897-1982), poeta, scrittore e musico, nato, vissuto e morto nella nostra città.). Giuseppe era ricordato anche come “‘U pustière“, cioè impiegato del bancolotto, il ricevitore delle puntate. Partecipò alla prima guerra mondiale e fu fatto prigioniero (internato); ex tranviere con biglietto “gratis” ai concittadini; lavorò, in seguito, nei locali, come gestore del lotto, al c.so Umberto I (di fronte alla Chiesa del Rosario, attuale civico 93); nei pressi dell’attuale Banca di Credito Popolare (al civico 7, il cui titolare si trasferì all’inizio di via Gradoni e Canali e in questo locale, gestito da Cimmino, si vendeva in precedenza la lana); nella ridente cittadina costiera di Massalubrense (NA), e di nuovo al c.so Umberto I n. 51, quasi al centro del corso (“‘Mrniez a San Gaetano“, al presente “Lotto, Superenalotto, Totip, lotterie, ecc.  Stanislao (“Stanise”), originario dl I° vico Orto Contessa, frequentò le scuole elementari in via Teatro, attiguo allo storico e mitico teatro Garibaldi; indossò, come la dottrina pragmatica dell’epoca esigeva, la divisa da balilla, partecipando a varie esercitazioni e manifestazioni; poi la scuola d’avviamento al v.le Castelluccio (preside Grillo).  A dodici anni, emulo del padre, imparò il mestiere, cominciando già a trascrivere le “cupielle” (copie dei numeri sulle matrici).
Ricevitoria n. 161 al c.so Umberto 1 n. 51,
Dal dopoguerra riprese a lavorare col padre; l’1.06.1948 fu assunto come impiegato per concorso del Ministero delle Finanze, nella  Ricevitoria n. 161 al c.so Umberto 1 n. 51, fino al 1952; poi, alla Ricevitoria n. 162 in via D. Colamarino; reggente a Napoli, zona Sanità al Supportico Lopez; di nuovo a Torre; nel 1972 la nomina a ricevitore in quel di Isernia, Castellammare di Stabia ed infine a Torre. In pensione dal 1987.  Milite esente, coniugato con Maria Sorrentino; sei figlie femmine, di cui tre collaborano e lavorano nell’attuale esercizio di ricevitoria.  “‘U figlio ‘ddu pustiere“, quasi ottantenne, ma con spirito giovanile, dal forte carattere, uomo navigato nell’esperienza, un po’ intrigante e scettico, precisa che i bancolotti, divenuti  ricevitorie negli anni ’50 e ’60, non sempre hanno avuto vita facile, portando gravi passivi al Governo; infatti, nel 1894 l’allora ministro delle Finanze, Borselli, relazionò al Re Umberto diversi reclami, dovuti alle tantissime anomalie da parte dei dipendenti che manomettevano le ricevute; furono queste ultime, in seguito, stampate con i dovuti importi; un’altra acuta osservazione: le giocate al lotto sono spesso frutto del caso; questo accade al sud Italia; al nord si è più calcolatori e si versano nelle casse dello Stato più soldi… Nella sua ricevitoria si sono registrate vincite importanti, ma mai di grossa entità
ALGHERO. Uno dei personaggi più conosciuti della città per aver svolto per circa sessant’anni l'attività di gestore del Banco Lotto prima e Lotto in tempi più recenti, Nicolino Patta, è morto nei giorni scorsi. Aveva 89 anni e aveva passato la sua vita al servizio della gente. Negli anni 50, in veste di dipendente dell'Intendenza di Finanza, aveva aperto la ricevitoria, la numero 1, la prima in assoluto di Alghero, in via Gilbert Ferret, successivamente in via Sassari, dove si trova ora ed è gestita dai figli. Una delle caratteristiche di Nicolino Patta era il sorriso, bonario, sempre disponibile, discreto come la sua professione gli imponeva, un uomo di rara gentilezza, gran lavoratore. Una volta le bollette del Lotto si compilavano a mano e chissà quanti speranze, e forse anche fortune, sono passate tra le sue mani. Mai una piccola indiscrezione sui fortunati vincitori, alla curiosità della gente, e del cronista, rispondeva con quel suo sorriso che diceva tutto e impediva di insistere. Non è azzardato sostenere che con la scomparsa di “signor Nicolino” se ne va un pezzo di Alghero.(g.o.)
OZIERI. Si è spenta nei giorni scorsi, vigile e serena come aveva sempre vissuto, zia Cicita Fadda, che a ottobre avrebbe compiuto 101 anni. Nata nel 1912, Cicita Fadda ha attraversato un intero secolo tra la Grande Guerra, il Ventennio e la Seconda Guerra mandando avanti la casa e la famiglia come importante punto di riferimento. Sposata e madre di due figli, Franca e Agostino (Giudice di Pace a Pattada), aveva perso presto (nel 1964) il marito Cicito Cocco, che fu per anni vicepresidente dell’ospedale. Una vita agiata ma mai facile (ultima di sette fratelli, rimase orfana del padre a 4 anni), eppure un dna forte, che l’ha fatta arrivare sino ai cento anni vedendola continuare a coltivare la sua grande passione per il Lotto: la si vede nella foto mentre compila una delle sue ultime schedine.
 Di lui, da civile, sappiamo molto poco, solo che dopo aver frequentato le scuole dell'obbligo, lavorava nel Bancolotto poco distante da casa, al n.53
Risulta una relazione dei carabinieri al Prefetto di Siena il 14 Febbraio 1930 sulla opportunità di istituire a Staggia una ricevitoria del lotto: "Nella frazione di Staggia, esistono peraltro tre procaccia, i quali quotidianamente si recano, uno a Poggibonsi, uno a Colle Val d'Elsa, ed uno a Siena, centri questi in cui esiste il banco del lotto, e che distano da questa frazione rispettivamente 8, 7 e 18 Km." Danno quindi parere negativo, quindi a Staggia niente botteghino del lotto: chi voleva giocare o inforcava la bicicletta o incaricava il procaccia.
PESARO -  E’ morto a 81 anni Franco Terenzi,. Il suo talento nell’indovinare i numeri del gioco a pronostico è stato anche occasione di generosità per Terenzi che più volte, in momenti speciali, ha offerto pubblicamente le sue premonizioni. Lui stesso raccontava l’esordio fortunato nel mondo delle 11 ruote: i numeri di una targa appuntati e poi giocati. L’estrazione decretò il successo della sua intuizione che gli garantì anche vittorie molto importanti. In molti lo ricordano a “I fatti vostri” ospite di Giancarlo Magalli.
E' nata così la mia passione per il Lotto. Cominciai a giocare regolarmente, anche cifre più grosse (ma sempre divise in tante bollette da 10 mila lire), con vincite continue che il signor Tomassoli mi pagava in contanti quasi ogni settimana. Poi è arrivato il primo colpo grosso: 75 milioni tutti insieme. Però avevo giocato una bolletta più grossa e ho dovuto aspettare l'assegno della Banca d'Italia, che è arrivato più di un mese dopo. I numeri da giocare li ricavavo dalla mia attività: infatti ogni tanto, mentre eseguivo il mio lavoro, avevo l'impressione che alcune salme mi sorridessero, come per ringraziarmi di quello che stavo facendo per prepararle bene all'ultimo appuntamento. Allora giocavo i numeri corrispondenti al giorno del decesso, all'età del defunto, al numero civico dell'abitazione, ecc. E spesso vincevo cifre grosse, dai 30 ai 50 milioni per volta. Da un certo momento è stato come se la Fortuna si fosse innamorata di me. Tre anni fa, un altro venerdì mattina, prima di Pasqua, ho comprato due biglietti della piccola lotteria di un bar, che aveva in palio un uovo di Pasqua gigantesco e un grosso cesto di dolci: erano i numeri 35 e 59 di Napoli. Visto che avevo ancora in tasca 100 mila lire, sono passato alla ricevitoria Uguccioni di Piazza Redi e ho giocato gli stessi due numeri sulla ruota di Napoli. Il giorno dopo i due numeri erano di nuovo i primi estratti a Napoli, con una vincita totale di 25 milioni. Come se non bastasse, nello stesso pomeriggio vincevo anche i primi due premi della lotteria del bar.
Il colpo più grosso risale ai giorni prima del Natale scorso: con i numeri 17, 55, 90 e 29 sulla ruota di Milano ho messo insieme 103 milioni, corrispondenti a 48 ambi. In totale, ho vinto finora oltre 500 milioni, quasi tutti al Lotto, ma anche al Totocalcio, coi tredici delle schedine giocate in società con gli amici e un tredici solitario di 56 milioni. Ma al Totocalcio non ci credo troppo, anche perché (a differenza del Lotto) non posso sapere in partenza quale cifra si vince. Il mio sistema comunque è quello di leggere i pronostici del televideo o della Gazzetta dello Sport e invertire a caso tutti i segni. Però non va sempre bene. Ricordo che nel 1994 è morto il babbo di un parrucchiere amico mio: si chiamava Piermaria Igino. E' morto il 14 luglio alle ore 17.20, all'età di 81 anni. Ho lavorato molto quella sera, nella casa di Candelara, e di nuovo ho avuto l'impressione che quella povera salma mi sorridesse. Allora ho giocato 300 mila lire su terno e quaterna, ruota di Palermo, basandomi sulla "P" del cognome. E' uscita la quaterna 14-17-20-81, ma sulla ruota di Bari. Ho perso 24 miliardi, perché la quaterna paga 80 mila volte la cifra giocata. Se avessi almeno pensato di giocare quei numeri su tutte le ruote (anziché solo su Palermo) avrei comunque vinto 2,4 miliardi. A questo punto la mia fama di vincitore-record ha cominciato ad estendersi al di fuori di Pesaro; soprattutto dopo una partecipazione, nel 1994, al programma televisivo I Fatti Nostri di Giancarlo Magalli. Proprio qualche giorno prima di andare in TV avevo vinto anche un premio di consolazione di 50 milioni alla lotteria di Imola, collegata al Gran Premio automobilistico, con uno dei sei biglietti comprati da Uguccioni in Piazza Redi. Visto che ormai mi telefonavano da tutt'Italia (dalla Val d'Aosta a Ragusa), ho installato un numero telefonico speciale per dare i numeri a chi lo voleva. Ricordo una signora di Genova che ha vinto 10 milioni e mi ha mandato un assegno di centomila lire per ringraziarmi. C'è stata anche una settimana in cui ha vinto mezza Italia. Ma ho dovuto smettere dopo qualche mese perché non potevo più neanche dormire la notte. Molti mi raccontavano i loro sogni per ricavare i numeri. Ricevevo anche telefonate disperate, di povera gente che aveva un parente malato o altre disgrazie, che mi pregava piangendo di aiutarla. Adesso rispondo solo a qualche amico. Magari, se volete, posso scrivere una rubrica sullo Specchio per consigliare i vostri lettori...
GIACINTO PELUSO, UN UOMO BUONO E GARBATO - STORICO SCRUPOLOSO E INFATICABILE  Ha raccontato con passione fatti e figure della sua città:TARANTO
Ero già in pensione, e continuavo a scrivere per il “Giorno”. Ogni settimana una mia pagina: i locali storici, i teatri, la vita milanese di Stendhal, il salotto letterario della contessa Maffei, i miei incontri con il presidente Pertini al Savini, al ristorante “Il Grissino”, in una casa privata… E gli sollecitai informazioni sulle vicende del lotto a Taranto ai primi del ‘900 per un articolo che mi accingevo a scrivere su questo gioco dal punto di vista demologico. Me ne dette subito una buona dose. Arrivammo alla fermata in fondo a via Cesare Battisti, proprio di fronte al luogo in cui ero atteso, m’invitò a casa sua per un caffè. E continuò il discorso, accennando alla ricevitoria che si trovava nella via Maggiore della città vecchia, in una sola stanza angusta semibuia del Palazzo De Santis, assiepata di gente che puntava sulle disgrazie, su una scazzottata, su un matrimonio, sui sogni… che l’addetto smorfiava. Scommettevano tutti, ricchi e poveri. Poi aggiunse che i numeri estratti venivano stampati su foglietti colorati nella tipografia Lodeserto, a Palazzo Galeota, e affidati, per la diffusione, ai ragazzi che lavoravano al mercato della frutta e verdura di piazza Fontana.  Piazza Fontana negli anni 20, da un libro di Peluso. Gridavano “Tùtte le ruooote”, come, in tempi più recenti, Marche Polle, che, scarpinando, soprattutto in via D’Aquino nelle ore in cui l’andirivieni lievitava. Proponeva ‘”U panarjidde”, confezionato nella tipografia Leggieri, e incalzava, abbassando il tono, “A vuè ‘a schedìne?”. Peluso ne ha tracciato il profilo in uno dei suoi libri " TARANTO da un PONTE all'ALTRO".
Addio a Tantucci: imprenditore visionario e studioso delle alchimie del Lotto JESI - Si è spento improvvisamente Graziano Tantucci, 60 anni, Originario di Cingoli, viveva a San Marcello. Era conosciutissimo a Jesi, esperto del Lotto  tanto che aveva scritto un libro, “Lotto:il manuale dei giocatoridi tutto il mondo”,
Elfrida Domes assieme alle sue due sorelle a Pola in via Abbazia,gestivano il BANCO LOTTO e l'appalto, vicino all'entrata principale dell'Arsenale militare marittimo ed abitavano in via Minerva.Esuli da Pola nel febbraio del 1947 assieme a tutta la cittadinanza nella grande dimostrazione plebiscitaria di protesta contro l'assegnazione di Pola alla Jugoslavia, le sorelle Domes peregrinarono per l'Italia, sempre nella gestione del BANCO LOTTO, passando da San Lorenzo della Costa (Genova) a Vicenza, a Busalla a Varazze, a Pontremoli ed infine a Imperia dove terminarono la loro attività ritirandosi a vita private nella loro casa piena di ricordi di Pola
NAPOLI D'ALLORA

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